
Ad un mercatino dell’usato, buttato lì con altri tre o quattro libri in disparte, ecco il libro LEGGERE A TRE ANNI di G. DOMAN, testo datato 1969, nel quale si racconta, con linguaggio semplice (i destinatari erano i genitori dei bambini) di come l’autore abbia scoperto, partendo da alcuni casi di bambini celebrolesi, che il cervello possa imparare a leggere a tre anni.
La questione mi ha incuriosito, visto che ciò che sappiamo ad oggi della mente del bambino, indica i 4/5 anni come periodo di inizio dell’analisi metafonologica sublessicale, con un raggiungimento della competenza di lettoscrittura intorno ai 7/8 anni.
Cercando di non avere troppi pregiudizi, mi sono fatta trasportare in quella che, a prescindere dai presupposti linguistico-pedagogici, deve essere stata sicuramente un’avventura entusiasmante…
Nell’introduzione si racconta dell’esperienza clinica con bambini cerebrolesi e della necessità di osservare, partendo proprio da queste esperienza, i bambini normali con “occhi nuovi”…. Seguono una serie di dati di fatto per l’autore, ovvero (cito proprio i capitoli del testo): i bambini piccoli vogliono imparare a leggere, i bambini piccoli possono imparare a leggere, i bambini piccoli stanno imparando a leggere, i bambini piccoli dovrebbero imparare a leggere.
Si arriva poi a una parte “pratica”, ad uso dei genitori, su come insegnare a leggere ai bambini piccoli… provo a darne una restituzione per sommi capi:
- L’apprendimento avviene all’interno di un setting di gioco genitore-figlio, con attività della durata di pochi minuti, fino a 5 volte al giorno. Prima si inizia, meglio è (si indicano i 2 anni, ma non si esclude l’inizio dell’attività a un anno o anche prima).
- Il materiale consiste in parole e successivamente frasi, fino ad arrivare a piccoli racconti, costruiti dal genitore: cartoncini sui quali scrivere in carattere stampato le singole parole. Sono indicate con precisione anche le dimensioni di queste parole che vanno dal grande (12 cm) al, progressivamente, piccolo (2,5 cm), in modo da allenare la visione delle parole.
- Il genitore presenta una parola alla volta, leggendola diverse volte, fin quando il bambino la riconosce. Si parte da mamma e papà, per ampliare il vocabolario con parole emotivamente vicine al bambino (parti del corpo, giocattoli, azioni…). In questo modo il vocabolario letto si amplia fino a rendere il bambino capace di leggere interi libri.
- In una fase successiva è previsto l’”insegnamento dell’alfabeto” (non è chiaro se qui si parli di associazione grafema-fonema, oppure di associazione grafema-nome della lettera tipo M-EMME)
Come commentare tutto ciò?
Ricordiamoci che siamo prima degli studi di Ferreiro e Teberosky, che hanno compreso per prime le implicazioni metafonologiche di associazione fonema-grafema come primo passo per la lettura. Siamo addirittura decenni prima delle neuroscienze, che indicano prove concrete e neurologicamente “visibili” del percorso di avvicinamento alla lettura attraverso questa associazione.
Ci riesce difficile pensare che l’apprendimento descritto dall’autore, che oggi chiameremo “globale”, cioè non passante da un’analisi dei grafemi e dei suoni della parola, possa attivare così precocemente le abilità di lettura. Tuttalpiù avranno costituito una base globale su cui, non è chiaro come, i bambini in questione siano riusciti a ricavarne una capacità lettoscrittoria.
Insomma, tutto ciò che sappiamo sulla lettoscrittura ci porta a dubitare fortemente di questo metodo, ancora circolante (con tanto di valigetta con le parole), come, in generale, si può dubitare dei metodi globali, o ancora di metodi non globali ma che pretendono di saltare alcune tappe del processo di apprendimento.
Addirittura, come afferma Dahaen (2007) “L’emisfero destro si attivava per la lettura globale, mentre l’attenzione portata alle lettere attivava proprio la regione classica della lettura, l’area occipito-temporale ventrale sinistra. Detto altrimenti, l’apprendimento con il metodo globale mobilitava un circuito inappropriato, diametralmente opposto a quello del lettore esperto” (p. 263)
Permangono tuttavia alcune suggestioni interessanti, che ci portano ad apprezzare il lavoro nel suo complesso:
- L’esperienza con la disabilità che pone riflessioni utili ai bambini non disabili: Avendo più volte portato i bambini cerebrolesi dalla disorganizzazione neurologica alla organizzazione neurologica di livello medio o addirittura superiore impiegando semplici tecniche non chirurgiche (….) c’era ogni ragione di credere che queste stesse tecniche potessero essere utilizzate per accrescere il grado della organizzazione neurologica di bambini normali (p.17)
- L’attenzione allo stimolo visivo e a come questa via permetta lo sviluppo neurologico necessario alla lettura: Il materiale consiste (…) in grandi lettere minuscole tracciate in rosso, che vanno progressivamente sostituite con lettere minuscole tracciate in nero e nella grandezza ordinaria. Ciò ha lo scopo di far maturare nel bambino le vie di conduzione dello stimolo visivo e di metterlo gradatamente in condizioni di riconoscere il materiale presentato al suo cervello (p. 107)
- L’importanza della relazione tra genitore e bambino nell’apprendimento: Se il bambino risponde (in modo corretto) potete essere soddisfatti e far salti di gioia. Dite al bambino che è bravissimo e molto sveglio e che siete orgogliosi di lui. Ditegli che gli volete molto bene. È bene che lo prendiate in braccio e che gli esprimiate il vostro amore baciandolo. (p.109)
Ma soprattutto, e questo è estremamente attuale, l’importanza della lettura nella vita di un bambino: La conoscenza umana è ora a sua disposizione: non soltanto quella delle persone che conosce (…) ma anche di quelle molto lontane, che non ha mai visto. (…) L’uomo è essenzialmente uomo perché può leggere e scrivere (p.134)
Per avvicinare i bambini alla lettura non serve altro che conoscere il percorso e dedicarsi allo sviluppo di ogni fase, senza pretese di anticipo dei tempi: una fase di immersione nel linguaggio con giochi e lettura di libri fino ai 4 anni, giochi linguistici basati sulla divisione e analisi delle sillabe tra i 4 e 5 anni, attività metafonologiche di riflessione sui fonemi e sulla loro associazione ai grafemi all’ultimo anno di scuola dell’infanzia, apprendimento progressivo di questa associazione e combinazione tra i grafemi alla scuola primaria.
Per una proposta MAVI per avviare le riflessioni metafonologiche propedeutile alla lettura leggi questo articolo.
Bibliografia:
Leggere a tre anni, G. Doman, Armando editore, Roma 1969
I neuroni della lettura, S. Dahaen, Raffaello Cortina Editore, Milano 2007.
Emanuela Valenzano
Linguista e coordinatrice del Metodo MAVI
