Cuori di vetro

Quando si è incapaci di usare le parole giuste

Nel panorama musicale contemporaneo, “Cuoricini” dei Coma Cose puo’ essere letta come una riflessione sulla difficoltà di comunicare i propri sentimenti in un mondo dove le parole sembrano non essere mai quelle “giuste”.

Nella realtà odierna, la nostra emotività si è tradotta in simboli digitali e la canzone ci invita a riflettere sul rapporto tra linguaggio, emozioni e relazioni. 

Le parole sono una delle poche cose che possediamo veramente, scegliendo accuratamente quelle da usare e anche quelle da non usare perché sono lo strumento  principale  per entrare in relazione con l’altro, nel suo spazio emotivo e sentimentale.

Cosa succede quando non sappiamo usare le parole per esprimere ciò che proviamo? 

“Cuoricini”  racconta una storia che tutti noi conosciamo o abbiamo conosciuto: il timore di esprimere i propri sentimenti e il riparo in gesti più semplici, più simbolici, ma anche più superficiali, come l’invio di “cuoricini” su Instagram o in alternativa il “fuocherello” fatuo nei commenti alle foto.

La canzone, con il suo linguaggio diretto e il ritmo incalzante, esplora la difficoltà di aprirsi, di comunicare in modo autentico, in un mondo che ha ridotto la profondità delle relazioni a facili interazioni cliccando un’icona sullo schermo dello smartphone. 

Questo tema si collega strettamente alla riflessione sul nostro bagaglio linguistico ed emotivo, che spesso fatica a trovare il modo giusto di esprimersi quando si tratta di amore, ma non solo.

Il linguaggio posseduto, infatti, puo’ non bastare a colmare la distanza tra ciò che sentiamo e l’esigenza di doverlo comunicare. Le nostre parole, quelle che conosciamo, pur essendo lo strumento fondamentale per il dialogo, sono spesso insufficienti o inadeguate per descrivere la complessità del mondo emotivo che ci abita. 

“E se mi piaci un po’ non lo dico, ma ti mando un cuoricino” (Coma_Cose, 2025).

Il cuoricino, simbolo universale di affetto e amore sui social, diventa un sostituto della comunicazione. 

In un mondo dove le emozioni vengono ridotte a emoji e “mi piace”, la vera comunicazione linguistica, fatta di parole significative e ricche di feribilità, sembra essere sempre più lontana. 

La difficoltà di esprimere i sentimenti in modo verbale è anche legata alla complessità del nostro bagaglio linguistico.

Le emozioni non sono facili da spiegare e spesso non abbiamo le parole giuste per descriverle. Il nostro linguaggio emotivo è fratello di sangue di quello linguistico, è frutto esperienziale, educativo e sociale anche se molte volte ci sentiamo incapaci di tradurre in parole ciò che proviamo veramente. 

Un altro passo della canzone sembra mettere in evidenza questa difficoltà:

Mi perdo nelle parole, ma quando è il momento di dire qualcosa tutto si ferma e rimango zitto.” (Coma_Cose, 2025)

Questo silenzio di fronte alla necessità di esprimere un sentimento non è raro; molti sono incapaci di tradurre in linguaggio una sensazione profonda come quella dell’amore o dell’affetto. E’ più facile celarsi dietro simboli come il “cuoricino”, che non richiede spiegazioni, ma che allo stesso tempo è vuoto, che non coinvolge autenticamente l’altra persona. 

Il fenomeno del cuoricino su Instagram e in altre piattaforme social è una metafora potente della riduzione della comunicazione emotiva e linguistica, a qualcosa di immediato e superficiale. 

In questa dinamica non c’è fragilità, non c’è sforzo; è una comunicazione a “bassa intensità”, priva di parole che richiedono un impegno per essere cercate e per essere apprese. 

Avere un background linguistico ampio e consapevole, al netto di difficoltà emotive legate alle proprie debolezze personali e psichiche, aiuta a dare voce al mondo che abita in ognuno di noi. Non intendo solo in ambito sentimentale, ma in ogni ambito in cui il nostro linguaggio quotidiano e usato come una sorta di coperta di Linus, limitato e “sempre quello”, deve essere abbandonato per spiegare e dare voce all’infinito e variabile mondo dei sentimenti.

Sapere il significato delle parole, conoscere la struttura della frase, la capacità di fare inferenze, comprendere il testo scritto e parlato, metterebbe al riparo da tutti i fraintendimenti.

Parlare con consapevolezza e lealtà intellettuale, usando un corredo linguistico appropriato potrebbe aiutare a sentirsi più competenti nel variegato mondo dei sentimenti. 

Il cuoricino non è da demonizzare, anzi è una emoticon carina da usare, ma solo a complemento di una comunicazione efficace che sappia spiegare cosa si cela dentro di noi. Avere competenza linguistica non è fondamentale solo per sapersi esprimere, ma anche nel saper comprendere le parole dell’altro, pienamente senza cadere nel tranello del “Roma per Toma”! 

Questo approccio alla lingua richiede tempo, dedizione, ascolto e comprensione ma è importante sapere che, come scriveva il filosofo e linguista Ludwig Wittgenstein, “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” (Wittgenstein, 2022, #).

E’ importante lavorare sulla costruzione di una consapevolezza educativa che renda responsabili i docenti per dare gli strumenti necessari utili a comprendere l’importanza di usare le parole per esprimere le nostre emozioni in modo autentico, per evitare che si rimanga intrappolati in un mondo emotivo scarno e impoverito; la sfida educative più considerevole del nostro tempo!

Portare avanti questa missione educativa porterebbe la consapevolezza che il  mondo digitale e i suoi meccanismi, sono una svolta epocale per il progresso e la scienza, senza dimenticare che la potenza delle parole è l’unico strumento con possibilità infinite e sempre nuove, che se usato con consapevolezza, puo’ davvero cambiare il nostro vivere nel mondo. 

Lisa Borgogno
insegnante

Wittgenstein, L. (2022). Tractatus logico-philosophicus. Feltrinelli Editore.
Coma_Cose (2025) Cuoricini. Warner Music

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